Interviste e confronti: Associazione Asilo Bianco

 


Spazio PPP: Ci raccontereste com’è nata Asilo Bianco?

Asilo Bianco: Asilo Bianco nasce nel 2005 grazie a un’intuizione di Enrica Borghi e Davide Vanotti che insieme ad altri amici artisti, curatori, scrittori e filosofi hanno deciso di creare un rifugio per l’arte e la cultura sulle colline del Lago d’Orta (Novara). Dare “asilo” alle idee, aprirsi alla comunità locale, fare incontrare arte e territorio. Questi sono alcuni degli intenti originali che rimangono ancora oggi più che attuali. Negli anni Asilo Bianco è cresciuto molto. Poco più di una scommessa all’inizio, oggi è un motore di progetti, mostre, eventi che coinvolge un’ampia rete di soggetti pubblici e privati, diversi professionisti che collaborano tutto l’anno con l’associazione, molti beni storici sul territorio oggetto di valorizzazione. Ci piace sottolineare come, seguendo la poetica di Enrica Borghi, ci confrontiamo con lo scarto, l’abbandono e la dimenticanza. Dentro il vortice del consumo recuperiamo la bellezza sbadatamente perduta e ne facciamo materia poetica da condividere.


SPPP: Quali sono state le difficoltà/resistenze che avete incontrato nel processo di creazione di questo progetto e come siete riusciti a superarle? 

AB: Confrontarsi con un territorio “marginale” rispetto alle rotte della cultura contemporanea non è facile. Viviamo in un luogo meraviglioso, a un’ora di auto da Milano e poco più da Torino, dove non accade granchè. La comunità locale non è abituata a frequentare mostre di arte contemporanea o eventi “sperimentali”. La situazione è sensibilmente cambiata da quando abbiamo iniziato a operare, anche grazie alla nostra pratica quotidiana e alle esperienze importanti di altre realtà sul territorio, ma resta distante ovviamente da un contesto come quello dei centri urbani più vivaci.
La diffidenza iniziale si è però dissolta abbastanza in fretta, anche grazie ad alcuni eventi come “Studi aperti” che per tredici anni ha aperto studi d’artista, case private, luoghi pubblici normalmente chiusi, nel piccolo ma culturalmente ricchissimo borgo di Ameno.


SPPP: Siete attivi su molti fronti: curiosando tra le attività dell’Associazione, diversi sono gli aspetti indagati del vivere contemporaneo. Dalla promozione dell’arte al Festival del Cinema rurale, le residenze per artisti, scrittori e musicisti, la tutela e valorizzazione dell’ambiente e della natura, passando per i laboratori didattici e formativi per curatori e la Mountain Academy…Insomma, Asilo Bianco è una vera e propria impresa culturale. In che modo la vostra presenza ha avuto effetto sul territorio?

AB: Non è facile rispondere. Sicuramente abbiamo assistito a una crescita di interesse per alcuni temi artistici e culturali in questi anni. Sono nate anche altre associazioni e progettualità trasversali. Le amministrazioni pubbliche ci sembrano più attente alla cultura e alla valorizzazione dei beni. Però tutto questo non è una conquista permanente, ma un livello da mantenere costante con un lavoro veramente quotidiano fatto di dialogo, contatti, collaborazioni, a volte anche scontri e visioni diverse. Ogni progetto ha bisogno di tantissimo lavoro, soprattutto lavoro “umano”, non è mai un’applicazione meccanica di strumenti e pratiche.


SPPP: Parlando dell’ambito più strettamente artistico, spesso si è abituati a lavorare e curare i propri contatti lavorativi non sempre in un’ottica di facile condivisione con soggetti esterni alla propria rete; fortunatamente però, situazioni come la vostra, e non solo, dimostrano che la collaborazione fra più parti può essere un’arma vincente. Credete che negli ultimi anni il sistema artistico e culturale in generale stia intraprendendo percorsi che denotano una nuova natura?

AB: Da subito abbiamo cercato di essere molto multidisciplinari, non tanto per scelta strategica, ma perchè è un riflesso del nostro modo di essere. Siamo innamorati dell’arte contemporanea, ma ci interessano tante altre discipline, dal design alla storia locale, dalla letteratura alla psicologia, dall’ambientalismo scientifico al cinema. Troviamo abbastanza negativo l’atteggiamento elitario di un certo mondo dell’arte che si interessa solo di se stesso.
Parlare di sistema culturale è molto complesso, rispetto ad altri Paesi sicuramente l’Italia sconta un ritardo notevole, ma anche caratteristiche proprie, nel bene e nel male. Restiamo fiduciosi!


SPPP: Oltre a quelli elencati, ci sono altri ambiti che vorreste in futuro esplorare?

AB: Uno dei temi che abbiamo iniziato ad affrontare durante la pandemia è quello dell’archivio. Non per moda, anche se è innegabile il trend del fenomeno, ma proprio per esigenza interna. Il lavoro in questi diciassette anni è stato veramente tanto e non sempre siamo riusciti a documentare e archiviare in modo scrupoloso quanto realizzato. La gestione di un archivio di opere e progetti può diventare una risorsa importantissima; ci vogliono ovviamente risorse, tempo e competenze. Sarà sicuramente un tema che si aggiungerà ai numerosi progetti del nostro futuro.